Il Regno Unito ha deciso di lasciare l’Unione Europea votando Leave nel Referendum di ieri. Naturalmente, questa decisione avrà degli affetti anche sul calcio inglese e sul nostro Manchester United. Ecco cosa potrebbe cambiare per il nostro club e per noi tifosi, soprattutto a livello economico e riguardo alla possibilità di viaggiare in UK.
La prima cosa importante da chiarire è che quello di ieri è stato un referendum consultivo, quindi non porterà a cambiamenti immediati ed esiste anche la remota possibilità che quanto deciso dai cittadini britannici non si tramuti in legge.
Il Governo Britannico, nonostante le dimissioni di David Cameron da Primo Ministro del Regno Unito, potrebbe ignorare la volontà espressa dai suoi stessi cittadini poiché la consultazione non è legalmente vincolante. Un’altra possibilità che l’esito del Referendum non si tramuti in legge è dettata dal limite di tempo che la legislazione europea prevede per trasformare il risultato di un referendum consultivo in legge, ovvero due anni.
Se Il Regno Unito non riuscisse ad approvare una legge basata sul risultato del referendum entro il Giugno 2018, dunque, sarebbe costretto a restare nell’Unione Europea anche in futuro.
Quindi, per ora e per i prossimi mesi, tutti noi italiani e noi cittadini europei in generale potremo continuare a viaggiare verso il Regno Unito senza bisogno di un passaporto, ma esibendo semplicemente la propria Carta d’Identità. Il Regno Unito, ad oggi, fa ancora parte a tutti gli effetti dell’Unione Europea.
Un cambiamento, però, il Brexit l’ha già portato: l’immediata svalutazione della Sterlina e il conseguente abbassamento dei prezzi per chi paga in €. Questo potrebbe portarci a risparmiare nelle spese dei viaggi, dell’albergo e nella spesa generale di un viaggio a Manchester o nel Regno Unito. Questo è senz’altro un aspetto positivo per le tasche di noi tifosi.
Ma, allo stesso tempo, la svalutazione della Sterlina potrebbe portare qualche difficoltà in più ai club di Premier League (e, quindi, anche al nostro Manchester United) e a quelli britannici nelle trattative di calciomercato, poiché i prezzi diventeranno sensibilmente più alti e ciò consegnerà, ovviamente, maggiore potere d’acquisto alle altre big europee. Un problema non di poco conto se consideriamo le cifre folli spese negli ultimi tempi.
Per quanto riguarda i possibili effetti che l’uscita dall’UE del Regno Unito potrebbe avere in generale sulla Premier League, c’è la seria possibilità che diminuisca drasticamente il numero di calciatori stranieri presenti attualmente nel massimo campionato inglese.
Secondo uno studio realizzato dalla Ticketbis UK nell’Agosto 2015, la Premier League è il campionato con la più alta percentuale di calciatori stranieri al Mondo, con ben 64 nazionalità diverse (attualmente, come riportato da questo articolo de l’Ultimo Uomo, sono addirittura 388 su 595, ovvero il 65,2%).
Il numero potrebbe essere addirittura maggiore se le regole decise dalla Football Association per la Premier League non fossero così rigide: un calciatore extracomunitario, per poter ottenere il permesso di lavoro, deve aver giocato, nei due anni precedenti al trasferimento, almeno il 30% delle partite della propria Nazionale maggiore, se la Nazionale in questione è fra le prime dieci nel Ranking FIFA; il 45% se la nazionale è collocata fra l’11° e il 20° posto; il 50% se si trova fra il 21° e il 30° posto; addirittura il 75% se la nazionale è fra la 31° e la 50° posizione.
Ovviamente, queste regole finora non hanno mai riguardato i calciatori proveniente da paesi dell’Unione Europea, ma l’ormai prossima uscita del Regno Unito dall’UE porterebbe a considerare anche questa categoria di calciatori come extracomunitari e renderebbe, ovviamente, molto complicato l’acquisto di giovani talenti europei che, salvo in casi eccezionali, difficilmente riescono a presenziare in una buona percentuale di partite della propria Nazionale maggiore nei primi anni di carriera.
Ad esempio, lo stesso Anthony Martial, con l’applicazione di queste regole anche riguardo ai giocatori provenienti dal resto d’Europa, non sarebbe potuto approdare al Manchester United la scorsa stagione. Anche Juan Mata non avrebbe potuto ottenere il permesso di soggiorno a suo tempo.
Insomma, a meno ché la Premier League non decida di rivedere le proprie regole, ciò potrebbe portare ad un cambiamento radicale nella composizione delle rose della maggior parte dei club di Premier League nei prossimi anni, in particolar modo in quelle dei big club (basti pensare che il Manchester City ha oltre l’80% di calciatori stranieri in rosa).
Bisogna, però, specificare che la legge non avrebbe valenza retroattiva, per cui chi si ritrova attualmente in possesso del permesso di soggiorno, sebbene non l’abbia ottenuto secondo i requisiti che richiederebbe il regolamento, potrebbe comunque restare nel Regno Unito e proseguire la propria carriera.
Per il momento, le certezze su come sarà il futuro del calcio inglese e dei suoi club sono davvero poche. Non ci resta che aspettare e vedere come si evolverà la situazione politica ed economica del Regno Unito. Red Army Italy, ovviamente, vi terrà aggiornati in caso di cambiamenti che avranno effetti anche sul Manchester United e sul calcio inglese in generale.
Marco Antonucci