giovedì , 21 Novembre 2024
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G. Neville: “Vi racconto le emozioni del mio debutto”

gary-neville-aston-villa-manchester-united_3384023Oggi si celebra il 25° anniversario del debutto con il Manchester United di un giocatore che ha scritto pagine importanti della storia del club. Il 16 Settembre 1992, durante un match di UEFA Cup (oggi chiamata UEFA Europa League), iniziò la carriera professionista del grande Gary Neville, che racconta in un articolo scritto direttamente da lui le emozioni di quel giorno e tutto il percorso che lo ha portato a diventare un giocatore della prima squadra.

Il leggendario numero 2 dei Red Devils ha descritto i momenti che hanno preceduto la sua prima gara ufficiale e alcuni elementi che lo hanno accompagnato nel corso di tutta la sua carriera, descrivendo anche alcune sue abitudini.

Eccovi tradotto l’articolo scritto da Neville per ManUtd.com:

“Non sono mai stato uno che piange.

Si provano tante emozioni giocando nello United, ma non ho mai pianto, né riguardo ad una vittoria, né riguardo ad una sconfitta. Ci sono stati tre momenti, tuttavia, che mi hanno quasi portato a farlo:

Barcelona.

Quando ho ottenuto il contratto, a 14 anni, che significava che avrei avuto una chance.

Quando ho compiuto il mio debutto.

Quando è successa quest’ultima cosa, ho pensato: ‘Ho giocato per lo United’. È stato un momento emozionante per me. Sembra sia passato molto tempo. Beh, è stato molto tempo fa.

25 anni fa.

E fu una rimessa laterale. Il mio debutto fu battere una rimessa laterale contro il Torpedo Moskva. Non toccai la palla con i miei piedi. Non so se sia stata l’unica volta in cui sia successa una cosa simile. Ciò ha caratterizzato la mia carriera, in realtà!

Ricordo anche le piccole cose di quel giorno. Quello che ricordo in modo maggiore, in realtà, è il fatto che fu la prima volta che soggiornai in un hotel prima di una gara della prima squadra. Mio padre mi accompagnò a pranzo e andammo al Midland Hotel in città. A quei tempi, probabilmente fin quando non ho avuto 23 o 24 anni, allo United condividevamo le camere. Chris Casper era anche lui in squadra e condivisi la stanza d’albergo con lui.

Avevo già condiviso qualche volta la camera con Chris nelle giovanili, ma quando entrammo in quella stanza, dissi qualcosa del tipo:

Cas, è incredibile. Siamo al Midland Hotel!’

LOTTA PER IL CIBO

Andammo al piano di sotto per pranzare e per noi fu preparato un quantitativo incredibile di cibo in un buffet. Noi eravamo abituati al cibo al The Cliff. Theresa, che gestiva la mensa, il Venerdì preparava salsiccia, patatine fritte e fagioli. Il Martedì c’era lo sformato di formaggio. Se la squadra A fosse uscita a Morecambe il Venerdì sera, Eric Harrison ci avrebbe ordinato le patatine prima della gara! Era la cosa più bella. Sapevi che, se fossi riuscito a vincere, le tue patatine avrebbero avuto un sapore molto dolce. Jimmy Curran, fisioterapista e ottimo massaggiatore, sarebbe uscito per strada e, una volta tornati, ci avrebbe fatto trovare tutto pronto. Spesso capitava di litigare per le ordinazioni, solitamente a causa di Butty (Nicky Butt, ndr). Butty era uno di quei ragazzi che solitamente ordinava fish & chips, ma se le salsicce e le patatine fritte avevano un aspetto migliore [rispetto a ciò che aveva ordinato], se le prendeva lui e qualcuno si ritrovava sempre con l’ordinazione sbagliata. Quando succedeva, sapevi già in anticipo che era stato senza dubbio Butty a prendersi l’ordinazione sbagliata.

A proposito, come vi ho detto, non c’era nessun dietologo nel club quando arrivai!

Dunque, ci ritrovammo all’improvviso al Midland, io e Cas, in questo grande hotel al centro della città, e, guardando tutto quel cibo, pensi di avercela fatta. Da ragazzo, questo ti basta.

Dopo aver mangiato, tornammo nella nostra stanza, dove c’erano due enormi letti matrimoniali, e probabilmente si trattava soltanto di una camera standard, ma per noi sembrava una suite. E pensammo:

‘Cosa facciamo adesso?’

Si pensava di dormire. I ragazzi più grandi lo sapevano. Quella era l’abitudine, quindi loro andarono a dormire. Ma noi non riuscivamo a dormire. Avevamo 17 anni! Non c’era alcuna possibilità [che riuscissimo a prendere sonno].

Anche Butty Becks (David Beckham, ndr) erano in squadra. Questo accadde sei mesi dopo aver vinto la FA Youth Cup, si parlava molto del nostro gruppo. Giustamente, anche. Noi che facevamo parte di quella squadra A continuiamo a parlare fra di noi di quei giorni. Il calcio che giocavamo nel nostro primo anno al The Cliff era veramente incredibile. Guardandomi indietro e ricordando alcune cose che facevamo, penso che praticavamo un calcio che solitamente si vede ad alti livelli professionistici.

UN CALCIO SURREALE

Ricordo che il The Cliff era pieno di persone che venivano a vederci. Tutti potevano entrare senza pagare ed era pieno. Anche la prima squadra veniva a vederci. Il nostro calcio era surreale, e spesso lo era anche senza Giggsy [Ryan Giggs] perché era impegnato con la prima squadra. Quando tornava nella squadra giovanile, andavamo anche meglio. Eravamo incredibili e per la maggior parte del tempo non abbiamo mai avuto un centravanti. Questa era una cosa che non avevamo. Quando Giggsy era in squadra ci trascinava ad un livello completamente diverso. Il centrocampo era composto da Becks, Butty, Simon Davies, Ben Thornley, Keith Gillespie… Scholesy [Paul Scholes] non era ancora nemmeno in squadra quell’anno!

Far parte di quella squadra è stato un privilegio. Riesco ancora a rivivere il giorno in cui mi fu offerto l’apprendistato scolastico. La mia famiglia ed io pensavamo che mi avrebbero offerto solo un altro anno, e, invece, mi offrirono un contratto di quattro anni: dai 14 ai 16 in termini di ragazzo apprendista con la promessa di diventare professionista dai 16 ai 18. Mio padre, in realtà, mi aveva portato a scuola e disse loro: ‘devo andare a prenderlo a scuola’ e, quando mi disse del contratto, continuavo a pensare:

‘Non posso crederci’.

Ricorderò per sempre quel momento.

Ciò mi introdusse in un territorio sconosciuto. Il manager era esigente, ma molto tempo prima di iniziare lavorare con lui, siamo stati allenati da Eric Harrison e Nobby Stiles. E Dio se erano entrambi esigenti.

Immaginate di sbagliare un tackle in una squadra giovanile guidata da Nobby Stiles ed Eric Harrison.

Eric veniva dallo Yorkshire, un difensore centrale della non-league che è stato probabilmente il più grosso e spaventoso difensore centrale che si potesse incontrare. Si è rotto probabilmente il naso otto volte. Era duro come un chiodo.

Nobby era Nobby.

Le ultime parole che Nobby ci diceva prima di spedirci in campo erano:

‘Ricordatevi dei vostri migliori amici fuori da qui.’

Era il suo modo per dirti di vincere la battaglia. Ogni gara ti ricorda i tuoi migliori amici. Se uno di voi avesse perso un tackle o fosse stato superato da un avversario, sarebbe impazzito.

UNA SCUOLA DIFFICILE

Era uno spogliatoio di leader. È incredibile come il club ne avesse così tanti. All’epoca il club aveva [Steve] Bruce, [Gary] Pallister, [Paul] Ince, [Bryan] Robson, [Brian] McClair, [Peter] Schmeichel, [Denis] Irwin, [Mark] Hughes, e ognuno di loro sarebbe potuto essere il capitano. Un anno dopo arrivarono anche [Eric] Cantona e [Roy] Keane. Anche Giggsy è diventato capitano quando è cresciuto. Dion Dublin, Mick Phelan, Clayton Blackmore. Si comportavano in modo fantastico con i ragazzi più giovani. Siamo stati davvero fortunati a ritrovarci in quello spogliatoio, ma sapevano anche essere duri nei tuoi confronti. Era una scuola difficile. Gli allenamenti della prima squadra erano duri. Si aspettavano molto da te. Esigevano dei bei passaggi, chiedevano che prendessi sempre la palla, di stoppare i cross, di difendere il palo opposto, di vincere i tuoi duelli aerei. Perdere un duello aereo non era accettabile. Lasciare che l’attaccante da te marcato toccasse palla non era accettabile. Sbagliare un passaggio non era accettabile. Non accettavano questi errori.

Questo mi tornava in testa mentre ero seduto in quella stanza enorme nel Midland, mentre aspettavo che arrivasse la notte seguente. La mia mente vagava, ovviamente, e avevo una sensazione, un piccolo presagio. Sapevo che sarei dovuto andare in panchina, ma avevo questa piccola sensazione che sarei potuto entrare ad un certo punto. Quindi dovevo farmi trovare pronto. Tutto sarebbe dovuto andare nel modo giusto.

Così è stato anche nel corso di tutta la mia carriera. Solo una volta in 20 anni ho avuto l’idea di mangiare del cibo cinese di Giovedì sera e poi di giocare, nella mia mente ho pensato: ‘non ho fatto tutto nel modo giusto’. Quasi tutte le volte, però, l’ho fatto. Era vitale poter dire a me stesso di essermi preparato bene, facendo le cose giuste, mangiando le cose giuste. Quando arrivi nel tunnel, è come se fossi ad un check-in. Domandi a te stesso:

‘Ho fatto tutto il possibile per mettermi in condizione di giocare bene questo match?’

Nel corso degli anni, diventa una routine, anche se devi sederti in panchina affianco all’allenatore o se devi mettere il nastro Tubigrip [attorno alle caviglie] nel modo giusto. Quando sono tornato [in campo] nel Testimonial Match di Michael Carrick l’altro mese, non c’era il mio nastro. Non potevo crederci. Hanno dovuto tenere questo nastro per 20 anni. Dovevano. Era il mio nastro. Tubigrip, misura D. Non E. Non C. Misura D. Poi due legature, tagliate sempre con le stesse forbici. Ero solito avere due legature che avresti potuto tagliare soltanto con delle forbici per bendaggio, ma le ho sempre tagliate con forbici normali perché non riuscivo a tagliarle con delle forbici strane. Anche stupide cose come questa, durante la mia carriera, dovevano essere fatte nel modo giusto.

Mi sedevo nel bagno riservato ai giocatori – sempre sullo stesso water – per 15 minuti. Quando il manager finiva il suo discorso rivolto alla squadra, prendevo il mio kit e andavo a sedermi sul water, leggendo il match programme in completa pace per 15 minuti. In tutta tranquillità.

L’ho fatto in ogni gara.

Anche il giorno prima della partita, uscendo dal campo di allenamento, ero solito fare la corsa a zigzag fuori dal campo. Ogni Venerdì. I nuovi arrivati, i ragazzi stranieri che sono arrivati verso la fine [della mia carriera], come [Cristiano] Ronaldo o [Carlos] Tévez, mi guardavano come per dirmi:

‘Cosa cavolo stai facendo?’

Ero fatto così.

Queste cose si costruiscono nel corso del tempo, quindi non ho cominciato a farle dalla mia prima partita. Ma già a quel punto, a 17 anni, sapevo già che dovevo ricevere un massaggio alla schiena. Non ho nemmeno mai avuto problemi alla schiena.

Il fisioterapista, Jim McGregor, detestava ciò.

‘A cosa ti serve?’

‘Ne ho semplicemente bisogno.’

E doveva farmelo. Era arrabbiato durante tutto il tragitto. Sputava.

Per ogni partita, in 25 anni, ho ricevuto quel massaggio alla schiena.

Ne avevo semplicemente bisogno. Fare tutto nel modo giusto mi tranquillizava. Molto, molto raramente mi sono innervosito nel corso della mia carriera. Ero sempre teso prima di una gara, ma quasi mai mi facevo prendere dal nervosismo. Ho vissuto solo quattro gare dove sentivo che le cose mi stavano sfuggendo di mano:

La mia prima gara di FA Youth Cup a Sunderland, ero davvero nervoso. Ma andò davvero bene.

Il mio primo big match con lo United fu la semifinale di FA Cup contro il Crystal Palace al Villa Park. Ero presente nel 1983 e nel 1985 per assistere alle semifinali, quindi era la cosa più grande del Mondo per me. Pareggiammo 2-2, giocando bene, per poi giocare nuovamente bene e vincere nel replay; a quel punto pensai: ‘Sono qui’. Mi sentivo fiducioso.

Poi ho fatto il mio debutto con l’Inghilterra, e mi sentivo nuovamente nervoso. Avevo giocato soltanto 17 gare con lo United.

E, naturalmente, nel mio debutto con lo United.

LA PRIMA VOLTA CON LO UNITED

Mi ricordo il riscaldamento durante la gara, dove pensavo: ‘Wow’. Quella fu la prima volta che mi trovai in campo all’Old Trafford e c’era il pubblico. L’affluenza era poco sotto i 20.000 spettatori, ma era comunque un numero enorme.

A cinque minuti dalla fine, il Boss mi disse di riscaldarmi nuovamente, ma pensavo che il mio tempo fosse ormai passato. Non pensavo che mi avrebbe fatto entrare. Poi mi disse:

‘Stai per entrare.’

Lì il nervosismo cominciò a farsi sentire.

Quando arriva quel momento, cominci a pensare con la mentalità di un difensore, non pensi cose come:

‘Sto per entrare, voglio segnare un goal e diventare l’eroe.’

Da terzino, se riesci a passare bene la palla e non commetti errori difensivi, fai una buona gara. Al giorno d’oggi potrebbe essere necessario fare 10 assist e segnare 3 goal a stagione, ma al tempo, in qualità di difensore, il tuo compito era quello di servire bene la palla ai tuoi attaccanti, ai tuoi centrocampisti, senza commettere errori. Questo era il mio lavoro. Organizzare. Comunicare. Cose semplici. Se tocchi palla, devi assicurarti di fare un buon passaggio.

Non lasciare il tuo uomo.

Non farti superare.

Non concedere un rigore.

Non fare cose stupide.

Basta non fare errori.

Entrai al posto di Lee Martin e mi ritrovai dietro Andrei Kanchelskis. Non fu un problema ritrovarmi a giocare alle sue spalle. Era frizzante. Nelle mie prime 20 gare con lo United, trovo che Andrei [Kanchelskis] fu ottimo, molte squadre facevano arretrare la loro ala sinistra per avere un secondo terzino sinistro. Ciò rese le cose più facili per me. Un sacco di volte giocai senza affrontare nessuna ala sinistra perché usavano due terzini sinistri contro Andrei.

In seguito, ho avuto Becks di fronte a me, quindi erano occupati nel cercare di fermare i suoi cross. Ciò significa che l’ala sinistra sarebbe dovuta arretrare ancora. Poi, quando ho giocato con [Cristiano] Ronaldo, c’erano sempre due terzini sinistri su di lui.

Non c’è da meravigliarsi se ho giocato per 20 anni.

Devo anche dire, però, che nessuno di quei tre amava rientrare per difendere, quindi ho sempre dovuto fare qualcosa!

Nel mio debutto, però, non c’è stato tempo per fare niente di simile. Ricordo che il mio debutto è stata una rimessa laterale.

Dunque ho battuto questa rimessa laterale, in una zona alta del campo, all’ultimo minuto. Avevo un grande lancio, ma quando ero più giovane ero ancora più bravo. Avrei potuto lanciare la palla in area, anche in un campo grande come quello dell’Old Trafford.

Quindi, lanciai la palla in area, ma si perse nel nulla.

Rientrai nello spogliatoio dopo la partita e il manager affrontò Gary Pallister. Era arrabbiato con lui.

‘Hai mai visto la squadra giovanile? Sei una disgrazia. Guarda la squadra giovanile e capirai che battono le rimesse lunghe. Eravamo sullo 0-0 all’ultimo minuto contro il Torpedo Moskva e tu eri a centrocampo!’

Ero davvero un po’ imbarazzato, ma ovviamente ero esaltato.

Se fossi morto il giorno dopo, me ne sarei andato avendo comunque giocato per United. Era un mio sogno da quando avevo quattro o cinque anni.

CONSIGLI PER DORMIRE

Ricordo di aver visto mio padre dopo la gara e fu davvero un momento di grande orgoglio. Mi portò a casa e non riuscì a dormire neanche un po’. Sentivo ancora l’adrenalina dentro. Condividevo ancora la camera con mio fratello. In realtà, parlare con lui mi avrebbe dovuto aiutare a dormire. Avrei dovuto dirgli: ‘Phil, commenta la mia rimessa laterale per me.’

Per i primi 10 anni della mia carriera, non sono riuscito a dormire dopo una gara serale. Non c’era alcuna chance.

Riesci a dormire dalle 3.00 o dalle 3.30 fino alle 5.30 del mattino quando torni da una gara in notturna. Non credo che riguardasse soltanto me, credo che fosse normale. Mi trasferì in città quando avevo 26 o 27 anni e, in seguito, io e Giggsy eravamo soliti uscire per bere un paio di birre dopo le gare in notturna. Due birre ci erano concesse.

‘Ti toglie la tensione. Ti aiuta a dormire,’ mi diceva di solito.

Ad essere onesti, funzionò.

Di solito ci fermavamo da Sugar Lounge per due birre dopo una partita, poi tornavamo al No.1 Deansgate e, in seguito, cominciai a dormire dopo le gare in notturna. Ci sono voluti 10 anni per riuscirci.

QUANDO I RIGORI COSTARONO L’AUTOMOBILE

Al tempo, guadagnavo 29.50£ a settimana, più 10£ per le spese. Questo è ciò che venivamo pagati. Becks, Butt, io, tutti noi giovani. Nessuno prendeva qualcosa di diverso. Becks era in panchina, Butty era in panchina. Ogni giocatore avrebbe ottenuto un bonus di 2.000£ se avessimo passato il turno e se avessi giocato entrambe le partite. Se fossi andato in campo in una delle gare, ma non in quella successiva, ti avrebbero pagato 1.500£. Mentre ti avrebbero dato 1.000£ se avessi fatto semplicemente parte della squadra.

Così andammo a Mosca per la gara di ritorno e siamo rimasti seduti uno di fianco all’altro in panchina.

Finì ancora 0-0. Andammo ai rigori.

Per noi, in totale, erano in gioco 3.500£ in quei calci di rigore. Per me erano in gioco 1.500£ e pensavo:

‘Non importa il risultato, questo sarebbe lo stipendio di 40 settimane!’

Avremmo subito speso i soldi ricevuti per comprarci delle macchine non appena saremmo tornati a Manchester.

Ci portammo sul 2-0 dopo che la Torpedo fallì i suoi primi due rigori.

…e riuscimmo comunque a perdere!

Brucey [Steve Bruce], Choccy [Brian McClair] e Pally [Gary Pallister] sbagliarono i propri rigori. Furono alcuni dei rigori peggiori che io abbia mai visto.

In seguito, negli spogliatoi, noi tre stavamo praticamente piangendo in un angolo perché avevamo perso 3.500£ contro la Torpedo Moskva. Avevo perso la mia Peugeot GTI. Penso che Becks avrebbe preso una Maserati.

Quel giorno Brucey, Choccy e Pally ci tolsero le nostre auto.

GIOCARE PER LO UNITED È SURRALE

È stato surreale. Infatti, potrei anche spingermi a dire che non è reale. Non credo che giocare a calcio per lo United sia reale. Quando entri e cammini in quel tunnel, diventi qualcosa di completamente diverso. Non è una sensazione normale. È qualcosa che i giocatori, quando si ritirano, si sforzano di replicare. Non sanno cosa sia. È l’adrenalina, il boato, qualcosa che entra nel corpo e che ti fa pensare:

‘Questo. Questo è… Fantastico.’

E non dimentichi mai la prima volta in cui hai provato tutto ciò.”

Marco Antonucci

Bio di Marco Antonucci

Presidente e caporedattore di Red Army Italy, tifoso del Manchester United dal Dicembre 2005.

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