Questa sera la squadra tornerà ad affrontare in UEFA Champions League il Benfica, un avversario che non può non portare alla mente la leggendaria finale di Coppa dei Campioni del 1968, che incoronò il Manchester United per la prima volta come Campione d’Europa. Uno dei protagonisti di quella sera, Alex Stepney, ha ricordato quell’indimenticabile notte e descritto la sua fondamentale parata su Eusébio.
Grazie a quel fantastico intervento sul leggendario fuoriclasse portoghese, l’allora portiere dei Red Devils permise alla squadra di arrivare ai tempi supplementari, dove una magia di George Best, un goal di Brian Kidd e la seconda rete di Sir Bobby Charlton portarono lo United a battere il temuto Benfica per 4-1 e ad alzare sotto al cielo di Wembley la sua prima European Champion Clubs’ Cup, oggi conosciuta come UEFA Champions League.
Lo stesso Alex Stepney, con un bellissimo articolo su ManUtd.com, ha ricordato quella giornata storica, raccontando anche dei particolari interessanti:
“Ancora oggi, continuo a pensare che non abbiamo mai compreso la dimensione di ciò che abbiamo realizzato quando abbiamo vinto la Coppa dei Campioni per il Manchester United nel 1968.
Eravamo una squadra, ma un grande uomo, Matt Busby, ci rese una famiglia. Per noi, compiere tale impresa per lui e per tutte le altre persone coinvolte nella tragedia di Monaco di Baviera, fu davvero molto, molto importante.
Quando iniziammo [il cammino europeo] nell’autunno 1967, nessuno ci disse che dovevamo farlo per i ragazzi che morirono, ma tutti sapevamo, senza bisogno di parlare, che c’era questa motivazione extra perché il manager e due dei suoi giocatori più fidati, Bobby Charlton e Bill Foulkes, erano sopravvissuti all’incidente aereo.
Avevamo anche l’idea che, data l’età di [Sir] Matt [Busby] e tutto quello che aveva passato, quella sarebbe stata l’ultima occasione per quella squadra.
Bisogna ricordare che, in quei giorni, dovevi vincere il campionato per partecipare alla competizione più importante; non potevi qualificarti con il quarto posto! E, mentre [Sir] Bobby [Charlton] e Bill [Foulkes] apparivano ancora forti e in salute, il pensiero andava alla salute di Matt.
Quando era possibile, si allenava insieme a noi, spesso giocando in una partitella 5 contro 5, ma vedere le cicatrici che aveva sul petto ci fece capire l’enorme trauma che aveva vissuto.
Iniziammo la stagione con una facile vittoria sugli Hibernians di Malta, poi affrontammo dei test estremamente difficili contro gli iugoslavi del Sarajevo e contro il Górnik Zabrze, una squadra della Polonia, prima dell’epica vittoria in semifinale contro il Real Madrid, dove acciuffammo una vittoria complessiva per 4-3 dopo aver rischiato la sconfitta in un caldo [Estadio] Santiago Bernabéu.
Tutto questo ci portò a vivere un’emozionante finale contro il Benfica in una notte eccezionalmente umida a Wembley. Dopo un bel primo tempo, [Sir] Bobby [Charlton] ci portò in vantaggio con un colpo di testa, poi pareggiò Jaime Graça.
Sarebbe potuta andare anche peggio quando Eusébio scappò dal proprio marcatore, Nobby Stiles, per la prima volta in tutto il match, a quattro minuti dalla fine, e puntò la mia porta. All’inizio pensai di poter raggiungere la palla, così avanzai, ma fu rallentata dall’erba florida di Wembley, e il grande portoghese arrivò.
A quel punto, tutto quello che potevo fare era tornare leggermente indietro per rendergli difficile fare un pallonetto, e restare dritto in piedi. Invece di piazzarla, provò a gonfiare la rete, come amava fare. Il suo violento tiro arrivò come una cannonata sul mio petto – dico a tutti che il logo della Mitre è ancora stampato sulla mia pelle! – e riuscii a trattenerla.
Guardandomi indietro, credo che fu un punto di svolta cruciale perché dubito che saremmo riusciti a recuperare ritrovandoci sotto per 2-1. Poi, effettuai un rinvio all’inizio dei tempi supplementari, Brian Kidd lo prolungò e George Best, con la sua tipica genialità, ci portò in vantaggio.
In seguito, il Benfica crollò, con Kiddo [Brian Kidd] e [Sir] Bobby [Charlton] che segnarono poco dopo, realizzando il 4-1. Al fischio finale, tutti corremmo verso Matt, Bobby e Bill. Tutti avevamo fatto la nostra parte, ma tutti, infondo, sentivamo che era la loro notte.”
Marco Antonucci