Alla vigilia del 60° anniversario della tragedia che colpì il Manchester United di Sir Matt Busby, Marcus Rashford racconta, da mancuniano e da tifoso/giocatore del Manchester United, cosa rappresenta per lui la parte più triste della storia del club.
Il talentuoso Red Devils, rispondendo ad una serie di domande in un’intervista concessa a United Review, ha raccontato quando e come ha iniziato a conoscere la triste vicenda che, il 6 Febbraio 1958, sconvolse l’intero mondo del calcio e che segnò per sempre la memoria dei tifosi.
Quella di Martedì, quando ricorrerà il 60° anniversario della tragedia di Monaco di Baviera, promette di essere un’occasione speciale. Quando ti hanno parlato la prima volta dei Busby Babes e dell’incidente aereo?
“Quando avevo circa sette o otto anni. Sapevo già alcune piccole cose a quell’età, ma poi ho cominciato a saperne di più e, quando avevo 15 o 16 anni, Paul McGuinness (ex manager della selezione Under-18 del Manchester United, ndr) cominciò a portare la nostra attenzione su questo argomento. Eravamo soliti guardare molti video di partite, specialmente delle loro avventure nella FA Youth Cup, quindi avevamo modo di vedere com’erano quei giocatori da giovani. Essendo una cosa così sentita qui a casa, ciò ti tocca il cuore e ti aiuta a comprenderla, anche se non hai vissuto quei tempi.”
Duncan Edwards e Eddie Coleman persero la vita all’età di 21 anni, poco più grandi di te. Questa cosa ti aiuta a capire meglio quanto tragico sia stato questo evento?
“È stato un evento molto triste e nessuno meriterebbe ciò che è accaduto a loro. Sfortunatamente, è successo, ma il club da allora è stato grandioso per il modo in cui ha continuato a crescere i giovani, esattamente come fece con i Busby Babes.”
Sappiamo che lo United dà sempre un’occasione ai giovani cresciuti qui. L’area recentemente ristrutturata nell’edificio dell’Academy mostra le immagini di alcuni attuali membri della prima squadra cresciuti nell’Academy, come Paul Labile Pogba, Jesse Lingard e te…
“Penso che sia un bene per noi. È motivo d’orgoglio per noi sapere che la nostra immagine appare su quei muri, ma credo che ciò sia soprattutto un bene per i giovani. Quando verranno ad allenarsi qui, potranno vederci sui muri e capiranno che arrivare a giocare in prima squadra è possibile. È una cosa difficile da fare; se non hai attorno delle persone che sanno dirti le cose giuste, rischi di finire fuori strada, quindi bisogna badare anche a cose piccole come questa. Inoltre, si può vedere anche l’immagine degli stessi Busby Babes e di altri vecchi giocatori. Quando sei più giovane e vengono ancora a prenderti i tuoi genitori [a fine allenamento], vedere questa grafica e queste immagini sui muri ti offre la certezza che puoi farcela.”
Pensi che sia giusto dire che sei il tipo di giocatore che incarna alla perfezione la politica giovanile che lanciò Sir Matt Busby, dato che giochi con tanta libertà?
“Sì, penso che qui si possa giocare in libertà, ma all’interno di una struttura. È sempre stato così, da quando ero molto giovane. Sì, si può fare ciò che si vuole, ma devi farlo nelle zone giuste. Ti viene sempre data libertà e la responsabilità di esprimerti come meglio credi in campo.”
Marco Antonucci