Ogni giorno scrivo articoli in merito al nostro amato Manchester United, narrando tutte le vicende che attorniano il nostro amato Football Club e dei suoi (nostri) eroi, dei suoi giocatori, del suo staff, della sua dirigenza e del suo tifo. Ho narrato vittorie storiche, imprese epiche, ma anche cocenti delusioni e tristi epiloghi. Però, mi sono sempre detto che per scrivere un buon articolo bisogna (almeno per quei minuti) tenere da parte le proprie emozioni. Talvolta, l’euforia e la disperazione ci portano ad alterare un pensiero ed un’analisi.
Non è un caso che, ad esempio, quando perdiamo una gara importante mi adopero nel raccontarla il giorno dopo e mai a caldo. Questa volta, però, nonostante sia nel pieno della commozione e del naturale, nonché immenso, dispiacere che si prova quando il proprio idolo più grande mette fine alla propria carriera, mi sento di dover dedicare questo articolo a colui che è stato, non solo il portiere più vincente della Storia del Calcio, ma anche il numero 1 indiscusso del Mondo e del Manchester United negli ultimi anni. L’unico che è riuscito, dopo una serie di fallimentari tentativi (nonostante buoni e volenterosi portieri come Fabien Barthez, Mark Bosnich, Tim Howard, in mezzo a portieri di dubbie qualità come Massimo Taibi, Raymond van der Gouw e Roy Carroll) a non far rimpiangere Peter Schmeichel, The Great Dane.
Costui è Edwin van der Sar. Colui che ha contribuito a far tornare l’Ajax alla gloria, sia in patria che nel Mondo, dopo tanti anni di digiuno. Colui che ha portato l’Olanda ad un passo dal giocarsi una finale Mondiale (1998) e due finali di un Europeo (2000 e 2004). Colui che, nonostante il sentito dire, ha fatto grandi cose anche nella Juventus e dove solo la sfortuna gli ha impedito di vincere, almeno, un campionato anche in Italia. Colui che ha trascinato il Fulham in Europa, in semifinale di FA Cup e che ha blindato la porta dei Cottagers contro l’Arsenal degli invincibili (2003/2004) e parando rigori a mostri sacri della Barclays Premier League come Alan Shearer e Steven Gerrard. Colui che, ancora oggi, detiene il record d’imbattibilità individuale della UEFA Champions League, delle partite ufficiali delle nazionali, della Barclays Premier League e quello mondiale in merito ad un campionato professionistico.
Si è presentato allo United quasi in punta di piedi nel Giugno 2005. Ma, fin dai suoi esordi con i Red Devils, mostrò subito di essere quello giusto e di poter tornare ad essere il migliore.
Subì appena un goal in 8 gare, facendo parate straordinarie e decisive contro squadre come Everton, Manchester City, Liverpool, Villarreal e contro il Chelsea di José Mourinho. Nella prima stagione arrivò “solo” una Carling Cup, ma il grande contributo dell’olandese fu subito notato da tutto l’ambiente. La stagione seguente, però, fu quella che lo consacrò definitivamente anche con la nostra maglia. Partì parando un rigore al suo vecchio Ajax, continuò compiendo parate decisive ed incredibili come quella su Peter Crouch ad Anfield, e terminò nella maniera più bella e più dolce: parando il calcio di rigore di Darious Vassell nel derby contro il Manchester City, proprio negli ultimi minuti, e regalando il titolo di Campione d’Inghilterra allo United. Mancava da 4 anni, un’enormità considerando l’era di Sir Alex Ferguson.
Sembrava già il massimo, ma lui si superò ancora: nella stagione seguente iniziò compiendo un’impresa mai vista a Wembley. Parò 3 calci di rigore su 3 al Chelsea di José Mourinho (fra le sue vittime, fra l’altro, ci fu anche lo specialista Frank Lampard), diede una grossa spinta ai Red Devils nell’esordio stagionale in UEFA Champions League con un match monumentale contro lo Sporting CP. Proseguì con prestazioni decisive e magistrali anche in patria. Trascinò lo United verso il titolo, rivelandosi decisivo nei confronti diretti contro Arsenal e Chelsea, mentre in Europa subì solo un goal dagli ottavi di finale in poi. Blindò la propria porta con parate straordinarie contro Roma e Barcelona in tutte e quattro le partite. E, poi, mise il sigillo finale… Realizzando il più grande sogno di ogni portiere e facendo provare la gioia più grande per un tifoso di una squadra e di un singolo giocatore in un solo colpo.
All’1.37 del mattino a Mosca, Nicolas Anelka si fa avanti per battere il settimo rigore per il Chelsea. La pioggia continua a cadere incessante, gli occhi di tutta Europa e, forse, di tutto il Mondo sono sul dischetto, sulla porta, sul pallone, su quel calcio di rigore… Edwin si avvicina alla porta, come di consueto, con quell’astuto ritardo che tanto ha fatto innervosire i rigoristi che si sono trovati di fronte lui nella sua carriera. Sbatte le mani con forza, mentre fissa Nicolas Anelka e, lentamente, si posizione in porta. Allarga le braccia, ma, poi, decide di indicare al francese il lato dove tirare (alla sua sinistra).
Il numero 39 dei Blues, però, calcia dalla parte opposta, dove a volare e a respingere con magia il pallone c’è proprio van der Sar. Manchester United campione d’Europa e lui eroe della competizione più bella e più difficile del Mondo. Tutto ciò, fra l’altro, accadde proprio due giorni prima del mio 18esimo compleanno. Il modo più bello e più dolce per lasciare la magia dell’adolescenza ed il regalo più bello per iniziare il percorso d’adulto.
La stagione seguente, ironia della sorte, la iniziò nello stesso modo della precedente: vincendo ai calci di rigore il FA Community Shield, stavolta contro il Portsmouth. Dentro di me, avevo il sentore che quanto visto la passata stagione fosse il massimo possibile per un portiere, per una squadra e per un tifoso. Ma, ancora una volta, riuscì a dimostrarmi che non c’è mai limite alla classe e alla grandezza di una Leggenda. Mise a segno una bellissima parata, fondamentale e decisiva, nell’ultimo minuto del derby contro il Manchester City, fu il migliore della squadra in quei mesi e portò lo United sul tetto del Mondo in quel magico 21 Dicembre 2008 con un’intervento meraviglioso al 90′ minuto.
Il 27 Gennaio 2009 mise a segno il record d’imbattibilità della storia della Barclays Premier League, restando imbattuto anche per l’intero mese di Febbraio e per i primi giorni di Marzo (1311 minuti totali, dall’8 Novembre 2008 fino al 4 Marzo 2009). La stagione, alla fine, si chiuse con ben 4 trofei conquistati, ma con l’amarezza di aver perso una finale di UEFA Champions League. La sconfitta, però, non impedì al gigante olandese di essere nominato miglior portiere di quell’edizione della UEFA Champions League.
Nella stagione successiva, saltò i primi due mesi per infortunio (ironia della sorte, capitatogli dopo aver parato un rigore contro il Bayern München), ma si rivelò determinante al suo ritorno. Fu il migliore dei Red Devils nelle due sconfitte esterne contro Liverpool e Chelsea, compiendo interventi pazzeschi. Però, alle porte di Natale, il destino gli riservò un’altra sfida, stavolta ben più difficile: la moglie Anne-Marie cadde in coma.
Con molto coraggio e tanto, tanto cuore, decise di sospendere la propria attività agonistica fin a quando la moglie non si sarebbe ripresa. Questo gesto, ovviamente, riscosse grande consenso e tanta ammirazione da parte di tutti gli amanti del calcio. Il suo bellissimo gesto, in un’epoca dove il calcio è in mano al business, ha dimostrato come ancora oggi un grande campione possa rinunciare alla gloria e ai soldi per il bene di una persona cara.
Fortunatamente, come tutti sappiamo, le condizioni della Signora van der Sar migliorarono presto e ciò favorì il ritorno all’attività agonistica di Edwin dopo un mese. Il suo ritorno portò subito grossi benefici alla squadra, tanto da farla tornare in lotta per il titolo e trascinandola alla conquista di un’altra Carling Cup. Purtroppo, nonostante una sua prestazione incredibile nei due doppi confronti, il Bayern München ci eliminò ai quarti di finale della UEFA Champions League con un’amara rimonta e in campionato il Chelsea (per un solo punto e con lo spettro di un goal in fuorigioco nello scontro diretto) ebbe la meglio.
La stagione seguente è storia recente: Edwin è stato fra gli uomini più decisivi nella cavalcata che, per poco, non ha portato il Manchester United a mettere a segno il suo secondo Treble. Le sue parate e le sue prestazioni lo hanno portato, ancora una volta, alla ribalta e ad essere considerato il numero 1 nel suo ruolo. Purtroppo, però, la sconfitta in finale di UEFA Champions League ad opera del Barcelona gli ha impedito di chiudere nella maniera perfetta una carriera irripetibile, nonostante un’altra prestazione più che autorevole.
Oggi, 3 Agosto 2011, all’Amsterdam ArenA è andato in scena il suo Testimonial Match. Edwin ha affrontato con un suo Dream Team l’Ajax, battendolo per 2-1. Mentre, nella gara precedente, ha battuto l’Olanda 1998 con l’Ajax 1995. Il tutto si è chiuso, ovviamente, con un suo toccante messaggio d’addio difronte ad uno stadio esaurito.
Oggi per me, per noi e per il calcio intero, se ne va un pezzo di storia ed un grande uomo da questo sport. Di idoli ne ho avuti tanti, specie nello United (Eric Cantona, Peter Schmeichel, Roy Keane, Ryan Giggs e via discorrendo), ma il vuoto che lascerà Edwin sarà difficile da colmare nel mio cuore.
In campo non vedro più non solo un immenso portiere, ma anche una persona a cui mi sono affezionato tanto e alla quale tengo tutt’oggi con tutto il mio cuore. Sarò un inguaribile e banale romantico, ma la sera del 28 Maggio 2011 se n’è andata una piccola parte di me: quella del bambino che sogna e segue l’idolo d’infanzia. Ci saranno tanti altri giocatori che mi faranno emozionare con il Manchester United, vivrò tante altre imprese da raccontare un giorno, ma so che l’emozioni che ho provato in questi anni nel veder vincere la mia squadra grazie a lui saranno impossibili da riprovare… Spero che in ognuno di voi sia esistita, almeno una volta, un’emozione forte quanto la mia nel vedere lui come eroe nella squadra che amo. E, anche se a volte vi sembrerà dura, non mollate mai i vostri idoli. Io 5 anni fa non avrei mai creduto di vivere tutto ciò che è successo in seguito, ma sapevo già una cosa: che seguire ciò che fa parte del nostro cuore non è mai un errore. E, almeno, qualcosa di bello ci regala.
Grazie di cuore, Edwin van der Sar, da parte di Red Army Italy e di tutto il popolo Red Devils. Mi (e ci) mancherai tantissimo, in campo e fuori…
Con commozione ed emozione, Marco Antonucci